La parola che più usavamo nei nostri giorni a Gaza era “kayf halik?”, ovvero “come stai?”. E proprio in questi giorni, in cui Gaza è nuovamente sotto attacco, ci chiediamo come stiano le persone, i bambini, i lavoratori e le famiglie che abbiamo incontrato lì, in quella striscia di terra soffocata.
Ci chiediamo come stiano quelle persone che ci donavano milioni di sorrisi.
Ed è per quei sorrisi, quei lunghi abbracci, per le interminabili ore passate a raccontarci l’uno agli altri, che riteniamo giusto che si sappia della forza di un popolo che non si piega di fronte a nulla, né al dolore, né alla disperazione.
A Gaza la vita continua nonostante l’oppressione ed i continui soprusi e non vogliamo smettere di raccontare che quei momenti condivisi con i gazawi devono essere l’energia che spinge ognuno di noi a non arrendersi mai.
Qualcuno parla di “attacco”, qualcuno parla di “difesa”. Chi parla di sofferenza? A dar voce alla sofferenza ci sono le lacrime, quelle che versiamo noi da lontano e quelle che in questo momento stanno versando famiglie gazawe con i loro figli morti tra le braccia. La popolazione civile di Gaza è stretta in una morsa, nel silenzio assordante del mondo che assiste indifferente ad un lento genocidio. Noi sappiamo che tutto questo non finirà ora e che, anzi, siamo appena di fronte all’inizio a quello che già si prospetta un 2020 invivibile per Gaza.
Vi abbiamo spesso raccontato di persone straordinarie e non vogliamo smettere di farlo, perché oltre all’amarezza di convivere ogni giorno con la paura, c’è una comunità ostinata che continua a costruire dalle macerie.
Proveremo ancora, ogni giorno con il nostro impegno, a parlarvi di vita. Vi parleremo ancora della vita a Gaza, della vita di Gaza, nonostante tutto; nonostante Gaza! Perchè non ci stancheremo mai di ripeterlo, la gente di Gaza vuole vivere. Gaza è viva. Gaza is Alive!